7° post. Istanbul, punto di sutura tra due continenti, Asia ed Europa. Passaggio obbligato per i rifugiati come Mussa Khan, soprattutto ora che le rotte dei muhajirin si sono spostate verso nord. Qui il loro destino incrocia le contraddizioni in bilico tra sviluppo economico e diritti negati
Battuto da un leggero vento mattutino, il Bosforo irrompe nel mio dormiveglia come uno schiocco di dita. L’autobus corre silenzioso su un titanico viadotto ad arcata unica, punto di sutura metallico tra Asia e Europa, mentre il sole all’orizzonte si sforza di completare il suo ovale, annunciando un nuovo giorno.
Istanbul. Costantinopoli. Bisanzio. La città più poliglotta al mondo si rivela fin nella sua toponomastica. Fondata nel settimo secolo avanti Cristo, fu intitolata dai coloni di Megara al loro re Byzas; ad essa l’imperatore Costantino sovrappose nel 330 la sua “Nova Roma”, Costantinou Polis; dodici secoli dopo, la Sublime Porta pose sulla storia il suo attuale sigillo: Istanbul, dal greco “istin polis”. Semplicemente “in città”.
Il mio unico obiettivo qui è informarmi e ripartire. Mussa è passato da poche ore su questo ponte in direzione nord, diretto verso il fiume Evros, l’ultima porta d’Europa. Se, come promesso, si farà vivo appena entrato in Grecia, potrei incontrarlo anche domani. Finalmente. Continua a leggere