14° post. Tutte le strade, si dice, portano a Roma. Anche quella di Mussa Khan e di migliaia di muhajirin afghani per cui l’Italia è soltanto una tappa della tormentata ricerca di una vita migliore. Qui, tra i cantieri che costeggiano la Stazione Ostiense, si interrompe il racconto di un viaggio che non ha fine
L’autobus 60 percorre rumorosamente il selciato sconnesso, mentre filari di platani oscillano sotto le spinte della brezza serale. Roma è in apparenza la stessa da cui sono partito due mesi fa. Uno dopo l’altro, sfilano oltre i vetri i monumenti della città eterna: le Terme di Diocleziano, Piazza Venezia, il Milite ignoto. Via dei Fori Imperiali va a schiantarsi contro la maestosa mole del Colosseo.
L’autobus percorre tre quarti della sua circonferenza, mostrandone finalmente il lato illuminato dal sole al tramonto. Soltanto due giorni fa, in Grecia, in una notte ventosa passata all’aperto, Mussa Khan mi ha chiesto: “com’è il Colosseo, visto da vicino?”. Ed io, “lo vedrai presto, coi tuoi occhi”. Continua a leggere